domenica 6 dicembre 2009

La tela imperfetta

C'era un ragno bello grosso
che aveva una fitta ragnatela,
posta lì proprio ad un passo
dove l'ombra tutto vela.
Un dì si svegliò all'improvviso,
mentre il sole tutto scaldava,
con l'animo triste e senza il sorriso
che il volto sovente gl'illuminava.

E mentra cercando se ne stava
il motivo di tale sconforto,
vide un filo che vagava
e che pendeva di sicuro a torto.

Pensando di aver trovato la ragione
di quel suo umore rabbuiato
prese le lama e con precisione
tranciò il filo indisciplinato.
A cose fatte gli venne il sopetto
di aver agito un po' troppo di petto!
Ignota è la sorte che al ragno toccò:
ma nel vuoto è certo che precipitò...

giovedì 9 luglio 2009

Poli-biblio-caos


Poli-biblio è una piccola biblioteca di un piccolo paese di provincia, raggomitolato sulla ventosa roccia calcarea del sud barese, a picco sul mare odoroso e blu.

Nella Poli-biblio-libreria vi sono pochi volumi di recente edizione e molti libri polverosi e vecchi. Poli-biblio-povera non ha scaffali di mogano e vetrine di cristallo, ma armadi robusti di frassino, mensole doppie e resistenti al peso del tempo e vetrine sgangherate, dove si annidano le frenetiche impronte di polpastrelli invadenti.

Poli-biblio-museo ospita una mostra di cocci del IV millennio a.C. e abita sotto l’arco, all’ingresso del centro storico: orgogliosa della sua privilegiata posizione, a volte si convince di essere la dogana del turista nord-europeo, che qui viene a chiedere indicazioni in “englichese-sassone”, inciampando nei mutandoni da spiaggia, orgogliosamente a cavallo di una bici arrugginita.

Poli-biblio-sola ha un custode in pensione, premuroso e un po’ despota, che fa continue sortite anche a porte chiuse, per riporre e disporre delle sedie sistemate con cura nell’unico servizio igienico per disabili…

Poli-biblio-assordante ha un allarme capriccioso, che si attiva ogni volta che va via la corrente elettrica (il che accade spesso); Poli-biblio-hitec ha un collegamento internet che funziona ad ore alterne, 4 computer, due finestroni con sbarre a quadrettini che si affacciano sullo stradone principale.

Ogni mattina, una signora grassoccia, buona e sudata fa il bagnetto a Poli-biblio-sporca, così all’orario di apertura Poli-biblio-bagnata odora di detergente alla mela e di candeggina ai frutti esotici.

Poli-biblio-bimba ha per mamma una ex-vigilessa gentile, che dirige il traffico di utenti con paziente autorità e lungimirante parsimonia, che si intossica con amore quotidiano nella polverosa umidità di Poli-biblio-confort, che con sorriso calmo e fermo registra prestiti e restituzioni, sommersa da pagine ingiallite e richieste pressanti e confuse.

Poli-biblio-caos da tre mesi ha una nuova catalog-amica del Sud, che viene a trovarla tutti i giorni e che le fa compagnia durante la Poli-biblio-pace della pausa pranzo. Catalog-amica ha il compito di controllare tutti gli inventari, le collocazioni, le date, le edizioni di tutti i libri polverosi presenti sui polverosi biblio-scaffali. Parla da sola e si arrabbia con Poli-biblio-nessuno quando pensa che vi sia un po’ di Poli-biblio-caos di troppo.

Poli-Biblio-caos non fa caso alle cataloghe-lagne e va in brodo di giuggiole quando catalog-amica le fa i complimenti e la riempie di baci per un’edizione del De Bello Gallico del 1861 con traduzione a fronte.

Poli-biblio-babysitter richiama i ragazzetti dalla strada e li coccola nella bambagia del biblio-internet-point. Poli-bilio-teacher fa ricerche scolastiche, organizza tesine per esaminandi, elargisce consigli di formattazione ad utenti secchioni e imbranati.

Poli-biblio-assistente-sociale accoglie inquietanti vagabondi di paese, disorientati alienati in cerca di una pagina di giornale, di una pausa dalla solitudine o di una mezzora di navigazione virtuale.

Poli-biblio-caos non fa caso al dirigente-me-ne-infischio o al giornalista-so-tutto-io.

Poli-bilio rimane seduta sotto l’arco di pietra del paese, avvolta in una nebbiosa sottile indolenza e ogni giorno, nell’aria odorosa di salsedine, allarga le braccia a chi vuol allargare la mente, scivolando sulle pagine di polverosi mondi lontani, tutti da scoprire ad occhi accesi...

martedì 16 giugno 2009

Partenze


Ci sono persone che ci lasciano senza avvisare.
Se ne vanno in punta di piedi, seguendo la scia di qualche memoria sbiadita. Non portano nulla con sé, soltanto il tepore di una mano stanca o la luce di uno sguardo muto.
Chi parte ha l’Unica certezza possibile; chi resta ha invece mille dubbi…
E magari il sottile rimpianto di non aver detto una parola in più, di non aver indulgiato in una carezza in più.

Ci sono partenze che scuotono i silenzi e distanze che assottigliano i ricordi, fino a renderli faville dopo un fuoco che è arso troppo in fretta.
E poi.. ci sono partenze lievi, come piccole barche che scivolano sul lago, che avanzano placide senza lasciare tracce nella corrente e scompaiono piano dietro le fronde di verdi ricordi…

Ci sono silenzi che urlano dentro e dilatano il tempo, planando lievi sul mare dell’esistenza..
E ci sono partenze annunciate, che però non ti aspetti. E ti affidi all’affetto di quell’ultima carezza deposta, quando ancora non sapevi che sarebbe stata l’ultima.

lunedì 25 maggio 2009

Vecchio come un libro

Succede di incontrare, nelle biblioteche, dei libri consumati dall'uso, spettinati, con qualche foglio accartocciato e la copertina stinta. A qualcuno non piacciono. A me sì. Assomigliano al volto di mio nonno, pieno di rughe, quando ci raccontava le storie vicino al camino, o in riva al fiume. Qualcuno le aveva raccontate a lui. Erano storie che venivano da un punto lontano, dall'inizio misterioso e oscuro del narrare, dall'aleph infinito. Così ogni libro “invecchia” in questo sortilegio. E' naturale trovarci i segni di quando lo abbiamo letto la prima volta. Oppure le tracce di qualcuno che lo ha letto prima di noi, la sottolineatura, la pagina un po' strappata, la macchia su cui possiamo fantasticare, lacrima sangue o rum dei pirati.

Su un vecchio volume di Madame Bovary, nella pagina dove Emma muore, una volta trovai scritta la parola “No”. Al precedente lettore non era piaciuta la descrizione? Non si voleva accettare la fine dell'eroina? Sognai molto, su quel misterioso “no”, e sul suo autore. I libri vivono un loro tempo. Sono belli e sfavillanti sul bancone delle novità. Ma quando testimoniano il piacere e la fatica del lettore, il passare da una mano all'altra, il trasformarsi ogni volta in una esperienza diversa, allora soltanto sono vivi e durano.

La televisione, per convincersi di esistere, mostra un dato muscoloso, che si chiama Auditel. Testimonia frettolosamente e in modo anonimo, che milioni e milioni di qualcuno hanno visto qualcosa. Ma non dice nulla delle loro emozioni, né quanto è facile che tutto questo venga dimenticato e cancellato in un attimo.

L'incanto di una biblioteca è diverso. Non sapremo mai di chi è il segnalibro dimenticato dal lettore precedente, né chi sfoglierà la pagina che abbiamo segnato con l'impronta del dito. Ma sentiamo che questo fa parte dell'infinito prodigio della lettura, di cui siamo parte. Mi piacerebbe pensare che anche noi siamo come i libri. Amati e respinti e ripresi e riletti, finché il nostro vecchio corpo non cede e i fogli volano via. Ma la storia rimane.

Lo so cosa state pensando, Che divento troppo serio e sentimentale quando parlo di libri. Oppure che incito a sfasciarli, per farli diventare più belli. Oppure vorreste che vi parlassi di quei libri assai sponsorizzati che si comprano e non si leggono. Libri mai nati, fantasmi di libri. No, chiuderò con una storia un po' allegra. Il nonno aveva un vecchio Cyrano di Bergerac, a cui teneva moltissimo. Un giorno, dopo mille letture, a copertina cedette. Qualcuno si offrì di farlo rilegare in marocchino rosso . Mio nonno rifiutò sdegnato. - Cyrano vestito da damerino? Mai! E lo riparò, con una spennellata di colla.


(un inedito di Stefano Benni per Biblioteca Salaborsa)

venerdì 24 aprile 2009

Il penultimo giorno


Ho sempre pensato che ogni giorno vada vissuto con l’entusiasmo del primo e l’intensità dell’ultimo, con la curiosità di un bimbo che si affaccia sorridente al mondo, eppure senza pigrizia o rinvii, evitando l’alibi del “tanto domani”, non mettendo mai testa e cuore in saldo.

Col tempo, l’approccio del “primo giorno” ha iniziato a procurarmi ansia da prestazione, mentre il pensiero dell’ultimo dì ha pian piano insinuato in me il seme della precarietà, troppo a fondo per poter vivere leggermente e insieme proficuamente…

Negli ultimi mesi, la svolta: un po’ di macigni in testa, qualche delusione più o meno metabolizzata, la speranza che ogni cosa alla fine possa trovare una giusta soluzione.
Ho iniziato a vivere ogni alba come se fosse il mio “secondo” giorno, col gusto del nuovo depurato però dall’incognita dello sradicamento.
E mentre ogni giorno resta vivo e intenso nel suo sopraggiungere subito “dopo-il-primo”, mi sfiora il sospetto che possa essere anche il penultimo.

Se qualcosa resta fuori oggi, avrò tempo domani, non oltre, certo, ma avrò almeno domani per terminare, rifinire, perfezionare, salutare, o semplicemente… per ricominciare…

sabato 11 aprile 2009

La strada spezzata




Trema la Terra e la Strada si spezza.


Si torce come una bestia ferita. La Meta svanisce e l’Identità si sbriciola.

Il boato ingoia l’ultimo urlo e il dolore sanguina lento dalle fessure di polvere.

Resta solo quel che sarebbe potuto essere. Ma che non è più e mai uguale sarà.

Resta la Strada spezzata, priva del tetto e del caro affetto, compagno di un Viaggio che sembrava infinito.

Resta solo la Dignità, in equilibrio saldo, sulla pietra incerta della Strada spezzata...

giovedì 19 marzo 2009

Ri-catalogando



Si presta al sorriso del bimbo curioso
e all’occhio attento del pignolo studioso.

Attende paziente per un tempo dilatato
che la casalinga gli tolga quell’orecchio piegato
e che vada avanti nel suo scorrere lento
sognando di passioni celati in un convento.

A volte si colora di brillanti figure
e ai mali dell’animo presta mille cure.

Non ha pretese, non mette fretta a nessuno
e di vestiti -si sa- ne indossa più d'uno:
la veste economica da portare in borsetta
o l’edizione speciale che ha d’oro l’etichetta.

Cambia la coperta o il curatore,
solletica la mente e riscalda anche il cuore.

Di solito si presenta col suo bel frontespizio:
non si ha certo a che fare con un qualunque banale tizio!

Titolo, responsabilità ed edizione,
luogo e anno della pubblicazione.
Il numero di pagine cambia a iosa,
formato e collana variano da poesia a prosa.
Se poi qualcosa sfugge all’ardua impresa
tocca in nota indicarne la resa.

Non chiamatelo solo libro, per carità:
anche lui ha una sua carta di identità!
Ha una lingua, un paese di provenienza,
ha una natura e di data non può restar senza.

E per preservare la descrizione da ogni male
tocca compilare la nota inventariale.
Se poi lo si vuol far ritrovare presto
soggetto e collocazione è necessario indicare col resto.

Insomma, è un bel tipo, davvero una grande sfida:
per conoscerlo a fondo tocca consultare la Guida! :o)

sabato 14 febbraio 2009

Questioni di spirito


Non mi chiedere “perché”...
Chiedimi piuttosto “da quando”e nel risponderti mi ritroverei a pensare che allora fu comunque tardi.
C’è stato davvero – mi chiedo- un tempo in cui ne ho fatto a meno?!?

Come è possibile che io sia esistito senza di Lei, la mia migliore amica, Lei che mi fa vibrare di intenso desiderio al solo sguardo, ad ogni timido tocco; Lei limpida ed imperturbabile, attraente ed inconsapevole, Lei che raccoglie i cocci miei per confonderli in un vortice di esuberanza, Lei che placa i miei turbamenti e si cala nel mio intimo come una coltre di calore, miscuglio di fervore e profonda pace – anche se breve - pur sempre pace. Lei che mi inebria e che mi esalta, che tampona le mie ferite fino a renderle magicamente guarite, Lei che decide del mio IO fino a farmi diventare DIO!

E confesso che combatto e mi dibatto per esserne indipendente, mentre sempre più mi rendo conto che è Lei la mia unica linfa, Lei la mia vita, fino a che sarà finita…

Quanti giorni trascorsi in solitudine, naufrago nel mare delle mie illusioni, delusioni, tristi previsioni, senza meta, senza barca, senza alcun “cristiano” di coscienza che non mostrasse soltanto fredda impertinenza.

Solo Lei mi è rimasta accanto, senza remore o contratti. Lei c’era: la guardavo, mi tentava, mi scaldava.. ed io resistevo quel tanto che bastava per desiderarla di più.
E mentre la assaporavo al primo tocco di labbra, uno spirito divino approdava sulla mia pena.

Lo so, è pure follia, ma non è colpa mia se non posso farne a meno.
So che è lì, in quella stanza: devo solo aprire la porta.. Adesso abbasso la maniglia ed eccola: la mia Bottiglia…

(Dedicato ad ogni spirito fragile che soffre di solitudine, contro ogni forma di dipendenza fisica e psicologica)

giovedì 29 gennaio 2009

Autoritratto

Mi chiamano tutti Lidia e ho così finito per credere di avere il mio nome.

Credo con intensità variabile di essere me stessa anche quando sospetto di essere qualcun'altra. Credo comunque sempre di credere. Penso di pensare e talvolta penso di pensare di pensare. Cerco di essere cortese con me stessa, anche se talvolta non mi sopporto e mi tolgo sovente il saluto.

Quando mi incontro per strada mi riconosco quasi sempre ed il più delle volte mi fermo a scambiare due chiacchiere con me, sino a quando i miei discorsi mi vengono a noia e allora mi mollo promettendomi però di telefonarmi, il che però non faccio mai, anche perché so che troverei la linea occupata.

Le barzellette che mi racconto non mi fanno più ridere perché le so già tutte. Quando non sono d'accordo con i miei discorsi mi mando a quel paese e poi mi parlo male di me, ma quasi mai mi prendo sul serio. Mi calunnio, ma non mi credo, né mi querelo. E alla fine torno a frequentarmi con lieve sospettoso distacco.

Sono viva, ma non l'ho fatto apposta, anche se un po' ne approfitto.
Talvolta mi diverto, altre volte no. In ogni buon conto, cerco sempre di non annoiarmi, cosa che suggerisco di fare a tutti, poiché annoiarsi non è cosa poi tanto brutta, ma è di certo tanto tanto noiosa.....

sabato 3 gennaio 2009

Piove sul Terrone

Una mattina come tante altre.
Con la differenza che andare in ufficio di sabato non è mai cosa leggera. Il 3 gennaio poi…
Prendo il 62 semi-denso di folli maniaci dello shopping di inizio saldi, mi becco la solita secchiata d’acqua dal cielo romano impietoso e plumbeo, litigo un po’ con l’ombrello nuovo, sgomito, scendo, inciampo in qualche sampietrino sbilenco, giungo in piazza Capranica, accompagnata da un paio di starnuti premonitori. Cebion, penso immediatamente: un po’ di vitamina C è quello che ci vuole… Accidenti ma quando la smetterà con tutta questa pioggia?
Con un clic richiudo l’ombrellino hi-tech ed entro nella farmacia semi-deserta.
Scorgo nei pressi del bancone una signora bionda appariscente con due labbra a canotto, grandi quanto i due cagnolini taglia mini dallo sguardo infreddolito, infilati nella borsetta di pelle lucida. Mi avvicino al bancone per verificare eventuale apertura di una seconda cassa, quando una voce stridula e vischiosa, caldamente stonata, mi chiede: MA LEI LAVORA QUI? Perplessa mi giro intorno: mi sa che ce l’ha proprio con me. ..PREGO?!?
E CERTO, QUESTI TERRONI FANNO SEMPRE FINTA DI NON CAPIRE! VEDE QUESTO CARTELLO? SA LEGGERE? DEVE METTERSI IN FILA. AFRICANI INCIVILI MELADUCATI… MA PROBABILMENTE NON SA NEANCHE LEGGERE…
Mentre le mie orecchie registrano ciò che non avrebbero mai voluto sentire, mi parte immediatamente un guizzo nel polpaccio destro seguito da una contrazione disarticolata del polso sinistro, libero dal manico della borsa. Mo’ la meno, penso. La prendo e l’appendo alle vetrinette settecentesche. L’istinto che emerge. L’istinto che sintetizza, risolve, agisce, mette un punto fermo. Via i fronzoli, via i convenevoli, via i litigi, via le parole inutili e circostanziali. Via l’ironia, via tutto. La meno. La meno di brutto. Un bel pugno sul labbro a canotto e le faccio sgonfiare mento e superbia.
Inspiro. Espiro. Accenno ad un sorriso, che si ferma appuntito solo a metà.
MA LEI SIGNORA INVECE NON LAVORA QUI, VERO? ALTRIMENTI PER QUELL’ERPES AL LABBRO INFERIORE AVREBBE GIA’ PROVVEDUTO… PREGO FACCIA PURE. E’ EVIDENTE CHE HA PIU’ URGENZA DI ME… E POI NON E’ MIA ABITUDINE MANCARE DI RISPETTO ALLE PERSONE ANZIANE.
Lascio cadere le ultime parole in un silenzio surreale.
Mi giro lentamente sui tacchi, recupero l’ombrello turchese, rivolgo uno sguardo pietoso ai miseri cani-topo, fulmino per un istante la farmacista consenziente e servile e scandisco a testa alta un garbato saluto, aggiungendo in coda, a voce ferma: TORNO IN UN ALTRO MOMENTO. VEDO CHE AVETE GIA’ MOLTE PATOLOGIE DA CURARE…
Apro la porta cigolante e una ventata di aria fresca mi investe allegramente.
Per questa volta mi tengo il raffreddore. Libertà…