mercoledì 26 novembre 2008

Borsa di ghiaccio

Ieri sera sono caduta a 4 di bastoni dall’ultima rampa di scale uscendo dall’ufficio.
Sono scivolata dalle scale di marmo logore e bagnate, il che vuol dire che è un miracolo che non mi sia rotta l’osso del “capocollo”…

La sensazione iniziale, mentre ginocchia e polsi giocavano innocenti al gioco “faccio più male io. NO IO!”, è stata: ODDIO, MI SONO ROTTA QUALCOSA! Aspetta un po’, come si faceva quella cosa… rialzarsi.. premo qui.. ohi! Spingo il piede.. dove sta il piede..?”. Alla fine ho trovato un paio di muscoli che ancora rispondevano agli ordini (cribbio: vi nutro e scaldo tutti i santi giorni e proprio ora andate in sciopero..?!?) e sono ribalzata in piedi con l’agilità di un bradipo sazio.

Una volta a casa, borsa di ghiaccio su entrambe le ginocchia, per evitare gonfiori verdastri.. (che in effetti si sono comunque verificati, assumendo però il colore più trend del momento: il VIOLA!). Strano come il ghiaccio abbia prodotto inizialmente rossore, poi freddo, e poi calore intenso… mentre la pelle intorno riprendeva un colorito chiaro, roseo e sano…

Ho pensato, nel delirium algoris, che bisognerebbe sempre avere una borsa di ghiaccio a portata di mano… Ad ogni caduta, ad ogni passo incerto che rende scivolosa la strada quotidiana, ad ogni blocco del cuore, ad ogni incertezza dell’anima… una borsa di ghiaccio ci vorrebbe proprio…

Il cuore brucia per un pensiero che emerge all’improvviso?
Il petto si stringe in una morsa per un’ondata di nostalgia?
La testa esplode sotto il peso di pressioni esterne?
Beh, un po’ di ghiaccio raffredda il riversamento di emozioni allo stato liquido, frena le reazioni, riattiva la circolazione, mentre la mente, presa dall’acuto dolore, torna vigile ad occuparsi delle incombenze quotidiane.

Provare per credere…
Anche se, per provarci, bisognerebbe crederci prima ;-)

domenica 23 novembre 2008

La strada lenta


Mai a nessuno ho messo fretta,
la mia casina mi tengo stretta,
la porto sul dorso sempre con me
e di fatica ne faccio almeno per tre!

Striscio lenta tra erba, foglie e muretti a secco,
mangio quel che trovo e le antennine poi mi lecco
mi faccio i fatti miei, ho poche pretese,
vivo con poco e a zero ho ridotto le spese.

Ma vorrei ben capire, una volta per tutte,
perché le mie casette ogni volta vengon distrutte:
il mio guscio è come un tempio,
di bava ne ho tanta e con buona volontà lo riempio...

Ma non è semplice ricominciare
ogni volta dall’inizio,
voi non sapete cosa fare
e
il distruggere ce l’avete per vizio!

Vorrei capire per quale ragione
non sappiate apprezzar la determinazione.
Di volontà ne ho tanta, è vero, ma di energia ora un po’ di meno
ed ecco qui un altro muro che al mio girare mette un freno…

Ogni volta devo provare ad inventarmi qualcosa,
mi fermo a pensare e la mia mente mai riposa!
di riparare il guscio oggi proprio non ho pazienza:
proseguo su questo muro e di lattuga spero di non restar senza…

lunedì 10 novembre 2008

L'ultimo gradino

… Forse sono ancora in tempo.. a che ora chiudono l’ingresso? ..alle 20… (mi scusi, mi fa passare?)… ma dove vado ora..? ah, ecco… la scala... di qua credo... bello quel gatto rosso alla finestra col fiocco blu, sembra uscito da una favola di Perrault.. (No, non ho da accendere, mi spiace) ...non ho mai capito perché i sampietrini sono così, né grandi né piccoli.. ohi!.. ecco appunto, uno di questi giorni stramazzerò a terra come un burattino… umida l’aria stasera… meno male che ho portato la sciarpina rosa, meglio di niente… (te ne devi annà, capito?!? TE NE DEVI ANNà!)… aiuto, qua volano le botte… che meraviglia il frassino che sbuca da quel cancello… chissà che ha fatto quella poveretta… (signora, tutto bene? ha bisogno di qualcosa?) …accidenti che faccia… mi sa che le ha prese… sto stronzo… sbatterla così fuori casa.. con questo freddo poi… davanti a tutti… mmhmm.. che profumo di caldarroste… quasi quasi… (Signora riesce ad alzarsi? Chiamate un’ambulanza, presto) …quante persone intorno.. ora la fanno morire soffocata… vabbè io vado.. tanto ora arrivano i medici… permesso… mi fa passare, mi scusi?... (Circolare, circolare!)… pure i vigili sono arrivati… ma che è? Un cartoccio piccolo di castagne, grazie… Già la sirena dell’autoambulanza… efficienti da queste parti.. Quanto?? 5 euro? Ma siete ladri eh! ….certo che se ne vedono di cose in città… Ohi, scotta… a che ora chiudono la mostra? Dai che ce la faccio… avessi almeno messo gli stivali senza il tacco… (mehehehehehehehe… circolareeee)… chissà dove la portano… ma vedi tu sto stronzo… ti alzi al mattino e non sai mai se arrivi a sera (mehehehehehehehe mehehehehehehehe)… dai che faccio in tempo… soltanto un ultimo gradino....

sabato 8 novembre 2008

Diplomazia

Ci sono persone che hanno la capacità innata di dire la cosa sbagliata al momento ancora più sbagliato: io sono senza dubbio tra queste.

Ricordo ancora, un anno fa, quando per la prima volta sono entrata nella casa romana in Piazza Bologna con il mio valigione blu porta-tutto. In quell’occasione ho conosciuto Daniela, la padrona di casa, contattata tramite un amico comune: una signora gentile di mezza età, piccolina, ansiosa e quasi capitata per caso nella sua vita…
Sapevo bene che Daniela, due mesi prima, aveva perso la sua cara mamma, spirata dopo una lunga malattia.
La cosa più naturale che mi passò per la testa e che in un baleno mi uscì dalle labbra senza possibilità di porre censura fu: “Piacere, mi chiamo Lidia e questa è la mia valigia-porta-cadavere”. Daniela diventò prima paonazza, poi si nascose per qualche minuto in camera, lasciandomi sola e pentita in piedi al centro del salotto giallo.

Lo scorso giovedì, invece, mentre cercavo di risalire su per la Metro B con il mio valigione stra-zeppo di effetti personali e incertezze, ben consapevole che nessuno mai mi avrebbe offerto cavallerescamente il proprio braccio, mi si avvicinò un signore distinto e claudicante, con la barbetta lunga e incolta di chi non ci pensa proprio a perdere tempo in rasoi e pettini… Il signore papà-di-Heidi mi propose, con la voce a dire il vero ancor più incerta della gamba: “Signora, ce la fa? Posso darle una mano, se ha bisogno..”. E mentre rotolavo per le scale con la borsa PC incastrata tra la spalla e anca sinstra, ebbi la scioltezza di rispondere: “Guardi, non si preoccupi, lei ha già i suoi problemi!

Che dire?
Che a volte vorrei un freno a mano, proprio lì, sotto la lingua, che mi consenta di tenerla a bada quando c’è maggiore pendenza e quindi maggior rischio di inopportune fuoriuscite di fiato.

Sarebbe carino prendersi una vacanza da se stessi: personalmente la immagino in un posto deserto, dove ondate incontaminate di ironia tropicale possono spensieratamente infrangersi contro la barriera corallina delle mie imprevedibili goffaggini.

Perché diplomatici si nasce… :o)

domenica 2 novembre 2008

Punti di svista

Un giorno Punto Interrogativo, tormentato dai dubbi, chiese a Punto Esclamativo: “Ma tu mi capisci?”.
Punto Esclamativo rispose: “certo che ti capisco, mio caro, non c’è ombra di dubbio. Piuttosto sei tu che non mi capisci!”.
Punto Interrogativo si fermò un attimo a riflettere: “Come fai ad essere certo del fatto che io non riesca a comprenderti?”
Punto Esclamativo incalzò infastidito: “Perché, se tu comprendessi davvero i miei pensieri, non avresti dubbi sul fatto che io ti capisco! Ecco perché!”.
Punto Interrogativo fu molto colpito da quella risposta logica e sicura. Eppure qualcosa ancora non lo convinceva. Con qualche esitazione diede nuovamente voce ai suoi dubbi e chiese:
“Ma secondo te, se io ti capissi fino in fondo, come tu dici di capire me, avrei dubbi sulla nostra amicizia?”
Punto Esclamativo rispose senza esitazione: “Certo che non ne avresti! Io ti capisco e ti sono molto amico. Tu invece non mi capisci ecco perché dubiti della mia amicizia!”.
Punto Interrogativo arrossì lievemente e pur provando un sincero affetto, sentiva dentro ancora un sottile tormento, rannicchiato proprio lì, dietro la linea rotonda e perplessa del suo punto di domanda.
Avrebbe desiderato possedere un fisico verticale e asciutto come quello del suo amico Esclamativo. Avrebbe desiderato non dover più inciampare nella curva incerta dei suoi dubbi. Ma era nato così, un po’ storto e goffo, e a sole poche ore di vita aveva chiesto a sua madre: “Perché..?”.
Guardò esitante il suo amico, pensò a quanto diversi erano, eppure a quante cose avevano in comune nel grande mondo della punteggiatura. Decise di sospendere il giudizio, lo salutò con un sorriso incerto e si avviò col suo passo dinoccolato verso la fine del paragrafo, mentre una domanda si faceva largo tra i suoi pensieri: “Ma io chi sono?”...